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mercoledì 12 maggio 2010

Domenica 16 maggio, raccolta delle firme per il referendum sull'acqua


Domenica 16 Maggio, in Piazza IV Novembre a Mezzane di Sotto, dalle 10.00 alle 12.00 sarà possibile firmare per sostenere il referendum contro la privatizzazione dell'acqua.

La raccolta delle firme è iniziata sabato 24 aprile ed in tre mesi dovrà arrivare almeno a quota 500.000 per poter richiedere i referendum. Ad oggi le firme raccolte sono oltre 350.000, cosa che evidenzia l'interesse popolare per questo tema e fa ben sperare nel successo dell'iniziativa.

I tre quesiti vogliono abrogare la legge approvata dall’attuale governo nel novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che andavano nella direzione di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti.
Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000. Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.

Le firme saranno raccolte dall'associazione ABC Mezzane in rappresentanza del "Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua".
Per maggiori informazioni su questa iniziativa, si veda il sito del Forum a questo indirizzo.

2 commenti:

Unknown ha detto...

ma non si tratta di una direttiva europea? E poi sentite cosa dice il sole24ore:
"La legge voluta dal governo Berlusconi prevede effettivamente la privatizzazione dell'acqua? È davvero la privatizzazione il problema dell'acqua in un paese dove il 90% delle gestioni idriche restano pubbliche e hanno dato storicamente risultati tanto scadenti? Se così non è, quali sono, invece, i problemi reali? La legge sui servizi pubblici locali conferma il carattere pubblico del bene acqua. Non è vero che l'acqua possa essere privatizzata, non ci sono dubbi. L'acqua resta un bene amministrato. Possono essere affidate in concessione a imprese private, però, le gestioni dei servizi idrici di acquedotto, fognatura e depurazione. Due le strade previste dalla legge per arrivare a una partecipazione privata nella gestione idrica. La prima via è una liberalizzazione moderata che punta sul principio della "concorrenza per il mercato" e affida la gestione idrica al migliore offerente, fra pubblici e privati, sulla base di una gara. Nell'offerta peseranno gli investimenti previsti, le tariffe, la qualità del servizio. La seconda via è quella di una privatizzazione strisciante, obbligatoria per le aziende pubbliche controllate dagli enti locali qualora non si proceda alla liberalizzazione. Gli enti locali devono spogliarsi di quote azionarie non inferiori al 30-40% a seconda dei casi. Due strade ben diverse anche sul piano politico. Quella della liberalizzazione moderata garantisce trasparenza, oltre che alla procedura di assegnazione del servizio, anche al dibattito pubblico.

La seconda presenta rischi maggiori perché aggira regole di concorrenza limitandosi a "contaminare" un monopolista pubblico con un azionista privato.

Gaetano Passigato ha detto...

Pubblico volentieri il commento che mi ha inviato Luca. Dato che era troppo lungo per le regole del blog, ne pubblico solo una parte significativa.

La leggenda dell’obbligo di privatizzare ...
A differenza da quanto afferma la legge Ronchi, il processo di privatizzazione in Italia è indotto da una ben determinata strategia economico-finanziaria e non è imposto da vincoli europei
giuridico-economici. Stati membri ed enti locali sono liberi di individuare servizi di interesse generale e servizi di interesse economico generale che intendano gestire direttamente, ovvero non in
forza ai principi di competitività e concorrenza. In particolare va chiarito che è compatibile con il diritto comunitario che la gestione dei servizi di interesse economico generale e servizi di interesse
generale avvenga attraverso un soggetto di diritto pubblico, estranei alle regole del diritto societario. Il diritto comunitario non obbliga alla gara e pertanto un comune può liberamente decidere di esercitare, attraverso un soggetto di diritto pubblico – e non una società pubblica- tali servizi sulla base dei principi costituzionali (artt. 5, 43, 114, 117), dei propri statuti e del proprio potere
regolamentare. Come sta avvenendo diffusamente in molte realtà locali francesi, fra queste Parigi, i comuni stanno affidando, direttamente senza gara, la gestione dei servizi idrici ad imprese di diritto
pubblico. I comuni, in base a specifiche disposizioni del trattato, possono decidere di non procedere con gara. L’orientamento complessivo
della Corte di Giustizia tende a conservare il principio dell’affidamento diretto senza gara a soggetti di diritto pubblico, a condizione che ciò sia legittimato da esigenze precise e riferibili al
perseguimento dell’interesse generale, alla salvaguardia di beni sociali, alla tutela di obiettivi extra-economici, di carattere sociale, ambientale e culturale. Per procedere in tal senso è sufficiente che la scelta politica dell’affidamento diretto, senza
gara, sia proporzionale al raggiungimento delle esigenze di carattere generale e che si dimostri che ricorrano i presupposti per il ricorso a tale scelta. La dimensione politica dei comuni, riconosciuta dalla Costituzione, attribuisce loro il potere di affermare e dimostrare che la gara e la concorrenza impediscono di raggiungere la missione loro
affidata. In tal senso, va ricordato che con l’attuale art. 14 del trattato europeo si riconosce l’importanza dei servizi di interesse
economico generale nell’ambito dei valori comuni dell’Unione europea e si stabilisce che gli Stati membri debbano provvedere affinché tale
servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i relativi compiti. In sostanza, la regola della concorrenza, anche per i servizi di interesse economico generale non
avrebbe valore assoluto, ma risulterebbe limitata dal raggiungimento dei fini sociali e dal rispetto dei valori fondanti l’Unione quali sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, solidarietà, elevato livello dell’occupazione e protezione dell’ambiente, della salute e dei consumatori.